Tutti i luoghi hanno un’anima, una identità, da preservare e tramandare. E invocano a gran voce di non essere dimenticati e trascurati. Solo chi le ama le può coccolare, difendere e curare.
Nel libro “L’anima dei luoghi” Hillman parla dell’anima dei luoghi, del senso della bellezza e della necessità di preservarlo; e’ un appello a risvegliarsi dall’anestesia e dall’incapacità di provare sensazioni che avvolgono la nostra cultura, a riscoprire la concezione animistica, e dunque pagana, secondo la quale tutto è vivo, tutto ci parla. E’ un atto di fede nella bellezza, che da sola può restituire un senso all’architettura, al paesaggio, alla città e alla nostra stessa vita” .
Il Paesaggio si sta modificando senza tener conto dell’intimità del luogo, ed oggi assistiamo ad una espansione selvaggia che non presta attenzione all'eredità storica. Assistiamo all'edificazione di manufatti che sono slegati dal contesto urbanistico radicale di uno specifico territorio. Nei piccoli borghi, nei centri storici si affiancano palazzi in cemento e con colorazioni assurde ad un palazzo antico.
L’intima qualità di un luogo è dovuta sia alla percezione del clima e della geografia, sia all’immaginazione, sia al ricordo di cosa ha rappresentato per gli abitanti: i luoghi mantengono una memoria visiva e nei limiti del decoro architettonico non possono essere deturpati.
Quando torniamo in un luogo, che sia un quartiere della stessa città o la nostra città natale, immediatamente prima di arrivarci si presenta davanti ai nostri occhi l'immagine di come la ricordiamo. E’ quel ricordo che parla del nostro luogo.
Però poi non lo riconosciamo perché è stato trasformato, perché magari ci hanno costruito palazzi, grattacieli, ponti, strade, cittadelle o un complesso residenziale attrezzato con centro commerciale, multisala, servizi utili per chi ci abiterà, e per mantenere vivo il ricordo di quel che c’era lo hanno chiamato con lo stesso toponimo, per esempio “Lama Balice” sulla strada provinciale 156 per Bitonto.
Trovarsi di fronte ad un dilemma Lama Balice: Parco Naturale o un parco commerciale.
Cosa resta in un'area concessa per l'estrazione di pietra, una cosiddetta cava, dopo aver esaurito la propria "vena"? Esistono leggi che obbligano di rinaturalizzare l'area con un intervento di progettazione ambientale con l'ulteriore espianto dei manufatti ferrosi. Nella Lama Balice due sono state le cave che hanno modificato l'habitat e che oggi, non più attive, possono diventare un'area di ripopolazione faunistica, specialmente per uccelli e anfibi.
A mio modesto avviso ogni urbanista, architetto, sociologo, amministratore, chiamati a pianificare e poi a redigere un Piano di Sviluppo Urbanistico in una periferia, in una campagna, in un centro storico, meglio ancora il Piano Territoriale previsto dalla legge istitutiva (l.r. n. 15/2007), deve ricorrere agli strumenti di riqualificazione territoriale con la convinzione che l'intervento non andrà a modificare eccessivamente lo stato dei luoghi.
Seguendo il principio della "concertazione" con gli assessorati Assetto del Territorio e Tutela dell'Ambiente, per addivenire ad uno sviluppo sostenibile che tenga conto degli habitat naturali e della biodiversità, avvalendosi anche della professionalità di naturalisti, etnobotanici, geologi e architetti del paesaggio. Valutando l'inutilità di continuare a rilasciare Permessi di Costruire laddove non necessita.
Affinchè questi luoghi che racchiudono una specificità climatica, geografica, botanica, geologica, continuino a preservare la loro intimità, la loro anima, al punto che continuino a far sognare e a far ricordare, diventa indispensabile una vigilanza attenta da parte delle stesse Autorità che poi rilasciano il Permesso di Costruire. Verificare tutte le condizioni che non possono prescindere dall'applicazione delle norme e dei dispositivi comunitari di Sviluppo Sostenibile.