SAGRA REGIONALE DELLE FOGGHJE
MESCKATE DE FORE
La Fitoalimurgia è la scienza che studia l'alimentazione con vegetali non manipolati a cui si può aggiungere il consumo da parte della gente povera. L'espressione è spiegata dal fiorentino Giovanni Targioni-Tozzetti nell'opera "Alimurgia, ossia modo di rendere meno gravi la carestie - 1767" pubblicata per indicare le piante utili per sfamare le comunità toccate dalla miseria. Si sa la carne non era a consumo di tutti e quindi ci si accontentava. D'altro canto i monaci bandivano la carne dalla propria mensa e insegnavano a vivere più a lungo, più sani e più in equilibrio psichico, mangiando e coltivando verdure ed erbe. Quando la carestìa era frequente ci si adattava a tutto, crudo, cotto e semi cotto. Nei boschi e nelle campagne in cerca di radici, fiori, foglie, gemme, frutti:papaveri, cime e bacche di lentisco, ghiande, cicorie agresti, ortiche, funghi crudi, carrubo, corbezzolo, pero mandorlino.
La vita di campagna dall'alba alla sera non consentiva alle donne, che esse stesse frequentavano, di preparare pranzi, così prima di tornare a casa raccoglievano di tutto: erbe spontanee da cucinare e ad uso medicinale. Tutte mischiate. Da questo modo di fare venne fuori il termine tutt'ora diffuso: le fogghjie mesckate de fore.
Con l'uso di queste erbe si soddisfaceva il palato e lo stomaco, e si curavano i malanni. Da queste pratiche scaturì un proverbio che la dice lunga: non c'è erba che guardi in sù che non abbia la sua virtù.
Tutto il ciclo dell'alimentazione giornaliera girava intorno alle erbe spontanee e un tozzo di pane, rigorosamente fatto in casa.
Arrivati in campagna c'era l'abitudine di accendere il fuoco, si strappavano le erbe, rughetta, sivoni, perchiazza, cicoriella e malvoni, chi cotte sulla brace chi cruda, ricche di vitamine e sali minerali, rappresentava la colazione del contadino. In quegli anni evidentemente e nei successivi, le proprietà salutari e la squisitezza delle erbe cucinate ha generato un interesse generale. Quindi ora non solo la gente povera, i monaci, i contadini mangiano le fogghie mesckate de fore, ma in importanti ristoranti viene servito "la cicoriella con la favetta".
Con il passar del tempo e arrivando ai giorni nostri, non sappiamo se per le ripetute stagioni di crisi che hanno attanagliato l'Italia o per l'arrivo dei turisti amanti della cucina mediterranea, ma possibilmente per entrambi i motivi, la raccolta e il consumo delle erbe spontanee è diventata una pratica da "signori". Per alimentazione e per una passeggiata all'aria aperta molta gente nei giorni festivi e nelle giornate primaverili ed autunnali va per campagne. Seguendo il percorso della cucina tradizionale, semplice e genuina, rapida per la gente povera che ne faceva largo uso, abbiamo deciso di offrire un contributo sull'attuale e diffusa considerazione che la gente mostra nei confronti di tale pratica e assunzione, avvalendoci della professionalità di agronomi del Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura di Locorotondo e dei cuochi dell'Istituto Alberghiero E. Majorana di Bari San Paolo.
Nei giorni 25, 26 e 27 ottobre,
previa prenotazione al numero 320 5775582 e all'email centrodarteottantanove@gmail.com, si potrà partecipare a laboratori per il riconoscimento e la raccolta delle erbe, alla preparazione e al loro consumo, alla degustazione di pietanze a base di erbe.
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