lunedì 2 aprile 2012

Enzo Varricchio intervista Pantaleo

PIETRO G PANTALEO
L’epopea dell’artista in...visibile

PANTALEO è uno sperimentatore, un precursore.
L’esposizione intende documentare e rievocare le fasi della sua ricerca artistica nell’arco di una carriera ultraventennale.
Le opere degli esordi sono simboliche, materiche, impasti sabbiosi di geometrie sacre, di cifre e grafemi. L’artista è un demiurgo che bazzica i meandri dell’invisibile, del non detto, del metafisico.
Nel 1989, fonda una galleria d’arte in un frantoio oleario del Seicento, obliato in una zona periferica e degradata. Lo affascinano i rapporti di contiguità tra le tradizioni agricole pugliesi e le forme d’arte primitive.
Nei primi anni Novanta, avverte l’esigenza che gli artisti assumano un ruolo responsabile nella società, dotandosi di una rete comunicativa e cooperando tra loro. Così, trasforma la galleria in centro propulsivo di una vasta attività culturale che si dispiegherà sino ai nostri giorni. I lavori di questa fase sono reticolati cromatici che ingabbiano la potenza del gesto creativo, denunciando il progressivo asservimento della cultura alla politica e la conseguente perdita di prestigio degli intellettuali.
Nel 1996, aderisce al Movimento Arte Reale,  con l’obiettivo di portare le opere contemporanee fuori dai musei, a stretto contatto con la realtà quotidiana, anticipando la Urban  e la Street Art, oggi tanto in voga. Sono anni alacri, di viaggi e collaborazioni, come quelle con il pittore egiziano Osman Osman, con lo scrittore Michele Campione, con i poeti Francesco Salamina e Mario Stefani, con il regista Gino Locaputo, con i maestri Michele Ardito e Peppino Signorile.
Nel 1998, propone Journey to the Centre of Awareness (Viaggio al centro della coscienza), una memorabile performance che induce i visitatori ad un tragitto multisensoriale all’interno di una caverna, alla ricerca del nascosto in ciascuno di noi.
Nel 1999 viene selezionato per la Prima Rassegna Internazionale di Arte Portatile e da Regalo, alla quale partecipa con una serie di disegni sulle agendine Moleskine.
Il nuovo millennio lo vede impegnarsi nella difesa del patrimonio culturale e ambientale: si batte per l’istituzione del Parco Naturale e archeologico di Lama Balice, sostiene un’iniziativa di legge per la defiscalizzazione del sapere, organizza iniziative ecologiste. Le opere di questa fase affrontano il tema, attuale più che mai, dell’uso e abuso del corpo femminile da parte dell’industria pubblicitaria e dello show business. Manifesti strappati, ritagli di giornale e frammenti di un discorso erotico citano espressamente i maestri della Pop Art e dell’Informale.
Tra il 2005 e il 2006, vive una fugace ma intensa esperienza nel campo della produzione di eventi cinematografici, testimoniata da una serie di dipinti dedicati a pellicole celebri.
Negli ultimi tempi, è tornato al primo amore: la pittura, la pittura pura; senza rinunciare al gusto per l’installazione, per la teatralità scenografica.
La città diviene oggetto della rappresentazione, una chilometropoli ipertecnologica priva di identità, di cultura, di umanità.
Al contrario di quelle di Calvino, le sue città sono fin troppo visibili, sono grandiose e scellerate, instabili e precarie come castelli di carte, soggiogano e drogano con architetture futuribili, con promesse seducenti di felicità impossibili, tutto pur di non rivelare la loro anima sfuggente e oscura.
PANTALEO continua a sbirciare tra il visibile e l’invisibile, egli stesso incerto sul confine.

enzo varricchio









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